Il nuoto non è una terapia

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IL NUOTO NON E’ UNO SPORT CORRETTIVO

Quante volte abbiamo sentito un amico o un parente dirci la frase “per questo problema mi hanno consigliato di nuotare”, oppure “ mando in piscina mio figlio perché ha la scoliosi”. Purtroppo nel mio lavoro mi capita in continuazione di imbattermi in prescrizoni sia del medico di base sia di specialisti, i quali consigliano il nuoto per risolvere problemi di vario genere.

Innanzitutto, dobbiamo dare una definizione precisa di Scoliosi: questo temine non indica una malattia grave, ma solo un dimorfismo della colonna vertebrale, cioè deviazione laterale della stessa con conseguente rotazione dei corpi vertebrali. Esistono però curvature più o meno gravi che solitamente vengono misurate in angoli, pensate che solo lo 0,2/0,3 delle scoliosi riscontrate in età  adolescenziale necessita di busto ortopedico o addirittura intervento chirurgico, quindi la stragrande maggioranza delle scoliosi giovanili non necessitano di alcun trattamento particolare.

il nuoto non fa bene per la scoliosi

E’ importante chiarire che il NUOTO NON E’ UNO SPORT CORRETTIVO, nel senso che fa bene come può far bene qualsiasi altro sport, non ha alcuna proprietà terapeutica. Innanzitutto, il concetto dell’assenza di gravità non deve trarre in inganno, il nuoto esclude qualsiasi miglioramento postulare, per l’impossibilità di fare leva su punti fissi statici e stabili di riferimento. Per risolvere un problema strutturale o muscolare è necessario svolgere un’attività analitica, cioè localizzata al distretto corporeo che presenta un deficit. Il nuoto è sicuramente uno sport completo perché coinvolge tutti gli arti e il tronco, ma se vi è una carenza muscolare in un braccio determinata da qualsiasi fattore, nuotare non farà aumentare la forza nel braccio più debole, ma tenderà ad aumentare il gap tra le due braccia, in quanto inevitabilmente la trazione viene data  dal braccio con maggior forza, non dimentichiamo infatti che il nostro corpo é sottoposto alla legge di massimo rendimento e minimo sforzo.

Purtroppo spesso il nuoto viene consigliato per migliorare la SCOLIOSI, soprattutto nei bambini. Si può intervenire sulla scoliosi fin da piccoli attraverso la ginnastica correttiva, ma non con questo tipo di sport, proprio per il concetto sopracitato. Quando il gibbo supera i 10 mm di altezza (bambino posto in flessione anteriore da in piedi), la deformazione toracica è tale che qualsiasi lavoro dei muscoli del torace si ripercuote sulla rotazione vertebrale aggravandola. Questo è stato dimostrato scientificamente da Geyer e da Vercauteren, precisamente nel 1982 e 1986. La dimostrazione è basata sul fatto che la gabbia toracica è simile a due cilindri asimmetrici, uno di diametro interno più corto dell’altro; ebbene è il cilindro di diametro più corto (l’emitorace più deformato) che subisce la maggiore forza di rotazione nel senso dell’aggravamento. Tale rotazione si instaura con il movimento dei muscoli respiratori, più si inspira ed espira maggiore è la rotazione dell’emitorace già deformato. Di conseguenza l’iperventilazione che si instaura durante il nuoto è dannosa, in altre discipline sportive è possibile utilizzare un corsetto, in questa no.

Il nuoto non aiuta a risolvere le problematiche di schiena

Il nuoto è uno sport molto completo per gli arti, per cuore e polmoni, ma non per la schiena: la colonna è progettata per affrontare la forza di gravità ed a questo la si deve allenare. E’ importante abbinare un lavoro a secco per allenare la muscolatura della colonna. Senza addentrarci nel panorama delle patologie della colonna vertebrale, vediamo come si comporta la stessa in relazione al nuoto, in soggetti con accentuazione delle fisiologiche curve. La risposta è che Problematiche come l’ipercifosi dorsale o l’iperlordosi lombare vengono accentuate con il nuoto, vediamo perchè.

Durante lo stile libero infatti, lo sforzo maggiore durante la fase di spinta (il braccio entra in acqua) si ha a carico del comparto anteriore, in particolare del gran pettorale, di conseguenza si ha un allungamento della muscolatura posteriore e questo non fa che aumentare latteggiamento cifotico. A dorso si mantiene il capo leggermente flesso in avanti e questo da uno stimolo cifotizzante al dorso. Per quanto riguarda la lordosi, invece, il peso dei  visceri tende a spingere verso il basso, perciò solo la posizione di galleggiamento a stile libero tende a lordotizzare, inoltre il lavoro delle gambe che aziona il muscolo ileopsoas tende a lordotizzare ulteriormente. A dorso, al fine di portare il torace a “pelo d’acqua” e per la trazione esercitata dallo psoas, avviene lo stesso meccanismo.

Discorso a parte può essere fatto per gli atleti che praticano rana e delfino, in questi casi si deve mantenere un iperestensione del rachide per favorire una migliore idrodinamicità. L’alta intensità e la ripetitività dei movimenti  carica negativamente la colonna a livello lombare, a lungo andare questo può provocare l’insorgere di gravi problematiche come la spondilolistesi (scivolamento di una vertebra su un’altra).

Tali elementi negativi dovrebbero far desistere dall’uso del nuoto nelle problematiche della colonna poiché è noto come uno degli atteggiamenti peggiori del rachide sia l’accentuazione della curva lombare (Raimondi & Vincenzini, 2010)

Per concludere, il nuoto, se praticato a livello agonistico, può risultare dannoso a livello posturale. Un significativo numero di atleti presenta modifiche degenerative a livello dei dischi vertebrali, per citare alcuni dati in particolare il 58% di 56 atleti professionisti con un’età media di 19 anni hanno mostrato modifiche degenerative nelle zone della colonna dorso-lombare (Kaneoka K, Shimizu K, Hangay M, 2007). Le zone della colonna maggiormente coinvolte sono tra l’ultima vertebra lombare e la prima sacrale, L5-S1. Secondo alcuni studi il 33% dei delfinisti e il 22% dei ranisti ha presentato almeno una volta casi di infortunio alla schiena (Kapaci K, 2002).

Nelle 4 fasi della bracciata a delfino è evidente l’iperestensione della colonna a livello lombare

 

A mio avviso, un ampio programma di stretching, di potenziamento delle aree anatomiche ad alto rischio ed allenamenti di resistenza con aggiunta di esercizi specifici per il tipo di stile natatorio, dovrebbe essere alla base degli allenamenti in acqua e a secco dei nuotatori professionisti e semi-professionisti. Per le problematiche relative alla spalla nei nuotatori professionisti rimando all’articolo:

http://www.edoardocremonini.it/news/20-la-spalla-dolorosa-nei-nuotatori-professionisti-analisi-dei-vari-stili

BIBLIOGRAFIA

Geyer B. Scoliose thoracique et sport.  1986.

SDS, Scuola dello sport, Anno xxx numero 88. Gennaio/Marzo 2011. L’allenamento della forza nel nuoto

Allegretta G et al. Il nuoto in ginnastica medica. La Ginnastica Medica 17(1): 319, 1969.Di Natale T.

Il nuoto correttivo: una opinione da sfatare. La Ginnastica Medica 26(5-6): 104- 106, 1978